Avete presente le infinite diatribe tra marito e moglie quando si tratta di scegliere un nome per il nascituro? Ecco, immaginatele e poi moltiplicatele inserendo nella moltiplicazione anche i fattori “gusti del committente” + “gusti del pubblico” + “esigenze del mercato” + “creatività dei copywriter” ed inizierete forse a farvi un’idea di quanto sia complicato il nostro lavoro quando ci viene chiesto di studiare un nome per un nuovo prodotto/servizio o per una nuova azienda. Quello che in termini tecnici viene definito naming.
In questo articolo, per goderci assieme a voi fino in fondo lo spirito di Halloween, ci divertiremo a scoprire i naming più brutti della storia. I brividi sono assicurati!
Attenzione: tratto da una storia vera!
È il 2010, la Apple decide di lanciare il suo speciale tablet e come nome sceglie iPad. Il resto è storia, direte voi. Quello che non tutti sanno è che “pad”, negli Stati Uniti, è un termine utilizzato anche per riferirsi agli assorbenti igienici. Nonostante il rischio di uno scivolone colossale, la Apple è rimasta ferma sulla propria scelta e il prodotto è decollato… forse si erano già resi conto che aveva “le ali”?
Non aprite quella sporta
Siete fra coloro che ritengono il fare la spesa un’attività noiosa? Sicuramente non vi è mai capitato di riempire la vostra sporta di prodotti quali:
- la Tisana Urinal (dalle evidenti proprietà diuretiche ma che per nome e colore non risulta particolarmente invitante)
- la Pee Cola (“pee” significa anche pipì)
- le patatine Only Puke (“puke” significa vomito)
- i leccalecca Sucks (letteralmente “fa schifo”)
- i cioccolatini Crunky Ball Nude (da qui in poi lasciamo a voi il piacere di scoprire la traduzione, qualora non risultasse immediata)
- lo snack al burro di arachidi Butt Break
- le patatine Megapussi
- i guanti da lavoro Hand Job
- la carta igienica Shit Begone
… e la lista potrebbe davvero continuare per molto. È sufficiente navigare un po’ in rete per scoprire come la strada dell’inferno sia lastricata di buone intenzioni!
La macchina infernale (non è Christine)
Persino nel settore automobilistico, dove i budget in ballo non sono di certi trascurabili e le strategie di marketing dovrebbero essere all’ordine del giorno, si possono incontrare delle gaffe memorabili, la maggior parte delle volte dovute al semplice fatto di non aver previsto che un termine in una lingua può avere un significato del tutto diverso in un’altra lingua… e poiché il mercato automobilistico è internazionale la frittata è fatta!
Perciò chi già c’era negli anni ’80 ricorderà l’insuccesso commerciale della Volkswagen Jetta e capirà perché le versioni successive siano state battezzate, in Europa, Vento e Bora…
Più curioso è il caso del famoso Pajero della Mitsubishi: il nome si riferisce al Gatto delle Pampas e vorrebbe avere un’accezione aggressiva, ma proprio nei paesi di lingua spagnola lo si è dovuto ribattezzare Montero poiché “pajero” sta anche a significare “chi si masturba”.
Identica gaffe di significato già vissuta dalla Buick con il modello Lacrosse, che in Canada viene venduto come Allure per evitare fraintendimenti.
Profondo rospo
Immaginate se il nostro nome fosse Falsfactory… non ci concedereste la stessa fiducia vero? Eppure abbiamo soltanto invertito due lettere (e soppresso una H, poverina). A volte sono proprio dei minimi dettagli a trasformare il rospo in principe, è il bacio di un’idea creativa che riesca veramente a valorizzare un prodotto, un servizio o un’azienda.
Creare un nome non è soltanto un processo creativo, sfatiamo questo mito e, a costo di sembrare dei freddi analisti, ammettiamo che prima di lasciarsi guidare dalla musa e rapire dall’ispirazione è necessario soprattutto studiare! Studiare cosa? Ma il mercato, i competitor, il prezzo e posizionamento del prodotto, i gusti dei clienti che costituiscono il target di riferimento, i valori che l’azienda intende trasmettere e mille altre sfumature che non stiamo qui ad elencarvi perché è Halloween e avrete sicuramente voglia di mettervi il costume e lasciare libero il vostro lato oscuro.
Concludiamo perciò dicendo che tutte queste sfumature vanno messe nel calderone – giusto per rimanere in tema – e amalgamate in modo che alla fine ne possa scaturire quella pozione magica in grado di rendere un lavoro di naming veramente efficace.
Alle volte il rospo si rivela principe, come nel caso dell’iPad, altre volte (come in tutti gli altri casi elencati in questo articolo) il sapore un po’ viscoso del suo bacio rimane comunque un agghiacciante argomento di conversazione per questa Notte delle Streghe.