Meglio ancora potremmo dire “i concetti che non ti ho detto”, perché di parole ve ne faremo vedere a iosa e vi dimostreremo come i discorsi possano svilupparsi anche lungo traiettorie prolungate senza però condurre da nessuna parte, aspetto molto importante da considerare quando si parla di tono di voce aziendale. Avete presente un discorso lungo e apparentemente serio, al termine del quale però vi chiedete: “Embè? Cosa mi è stato detto in definitiva?”
No, nessun riferimento politico, tranquilli, ma solo il piacere di avvolgervi un po’ con quella che notoriamente viene definita “aria fritta”. E, sì, è un aspetto che potrebbe riguardare anche il modo in cui comunica la vostra azienda.
“Le parole sono importanti!” diceva (o meglio gridava) Nanni Moretti nel suo Palombella Rossa… ma lo sono davvero tutte? In questo articolo vi dimostreremo come molte, in effetti, non lo sono per niente.
Le 30 frasi fatte che gli italiani utilizzano più spesso
Lo spunto ci arriva dal libro “Peste e corna” edito da Sperling & Kupfer, ad opera di Massimo Roscia, nel quale l’autore elenca le 30 frasi fatte che gli italiani utilizzano più frequentemente, non per demonizzarle ma per evitarne quel tipo di abuso che riempie le pagine (e i dialoghi) di vuoto.
Non ve le elenchiamo, perché il nostro Giampaolo si è divertito in un esercizio creativo di maggior spessore: le ha unite fino a formare un intero discorso di senso compiuto (o forse no?). Eccolo qui:
“A mio modestissimo parere, senza se e senza ma, la verdura di una volta aveva tutto un altro sapore. La mia vuole essere semplicemente una critica costruttiva visto che oggi come oggi non esistono più le mezze stagioni. Non è per i soldi, ma per una questione di principio. Vorrei aggiungere che, ai tempi nostri, per non saper né leggere né scrivere, ci si divertiva con poco. I soldi non sono tutto nella vita, anzi quando c’è la salute c’è tutto. Poi c’è sempre l’eccezione che conferma la regola perché non si finisce mai di imparare e nella vita non si può mai sapere. Infatti, il condizionale è d’obbligo visto che non esistono solo il bianco e il nero, ma ci sono tante sfumature di grigio anche se, in effetti, il nero sfina. Di questo passo chissà dove andremo a finire, perché alla fine è tutto un magna magna, altro che “Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”. In tempi non sospetti, vigeva la regola “Patti chiari ed amicizia lunga”, dove non c’è due senza tre visto che la matematica non è un’opinione… ad ogni modo, quest’anno è proprio volato nella splendida cornice dell’Ariston, dove è tutto fatto allo stato dell’arte. A proposito, hai sentito la notizia? Sono sempre i migliori quelli che se ne vanno. Si chiamava… … ce l’ho sulla punta della lingua… va beh, che vuoi che ti dica? Chi più ne ha più ne metta!”
Dillo con parole tue
Si tratta naturalmente di un’estremizzazione, di una provocazione ironica, ma quante volte veniamo sottoposti ad un fuoco di fila – più sottile e meno evidente – di parole utilizzate come riempitivi per allungare il brodo a tal punto da renderlo insapore?
In narrativa esiste una regola abbastanza ferrea: evitare le frasi fatte, ad eccezione dei dialoghi dove invece possono addirittura contribuire a delineare meglio un personaggio. Perché evitarle invece al di fuori dei dialoghi? Perché da un narratore ci si aspetta che non scelga la soluzione più scontata per raccontarci una situazione o esprimerci un concetto, ci si aspetta che compia quel minimo sforzo creativo (senza sfociare nella ricerca dell’effetto a tutti i costi o nel manierismo) per dirci una determinata cosa con “parole sue”. Giusto per utilizzare ancora un po’ di frasi fatte, le tre classiche domande-risposte dell’aspirante narratore al maestro sono:
- Di cosa scrivo? Di ciò che conosci.
- Da dove parto? Dall’inizio. (poi può essere anche l’inizio della fine, o l’inizio del centro, ma a questo ci si arriva un po’ alla volta).
- Come lo dico? Dillo con parole tue.
Da queste tre semplici (apparentemente) premesse può nascere ogni opera letteraria che abbiate mai letto.
Il tono di voce della tua azienda
Arriviamo dunque al nostro lavoro, cioè aiutare le aziende a comunicare.
Vi siete mai chiesti come comunica la vostra azienda? Che voce ha? O meglio ancora, che tono di voce utilizza? Ecco, proprio il tone of voice (abbreviato tecnicamente in TOV) è uno degli aspetti chiave su cui andiamo a lavorare.
In concreto è il modo in cui la vostra azienda comunica con il pubblico e riesce a trasmettere all’esterno la propria personalità tramite i testi. Questo è basilare poiché si va a sposare indissolubilmente con la grafica utilizzata e trova poi espressione in tutti i mezzi scelti: dai testi del sito internet a quelli dei post sulle pagine social fino ad arrivare alla brochure aziendale, tutto dovrà essere coordinato in un’ottica di sinergia e coerenza.
Nostro compito è proprio assorbire dall’azienda committente tutto ciò che si vuole comunicare e individuare il modo migliore per comunicarlo in linea con la personalità di quell’azienda e con i gusti del target cui quell’azienda si sta rapportando.
Un lavoro completo di TOV riporta un elenco delle parole/espressioni da utilizzare e una lista nera di quella da evitare: fra queste ultime, qualunque sia il TOV, compaiono di certo molte frasi fatte. E compaiono anche tutte quelle formule come “costante aggiornamento”, “due piani di convenienza”, “soddisfiamo le esigenze del cliente” etc. che non solo nel 2019 non rappresentano più dei plus ma che risultano ormai svuotate di qualsiasi attrattiva per un pubblico che le ha sentite applicare a qualsiasi settore.
Perciò pensateci, quando nello scrivere il prossimo post della vostra pagina aziendale vi verrà magari automatico ricorrere a qualcuno di questi “salvagenti” verbali. Prendetevi qualche secondo in più e chiedetevi: lo posso dire in maniera diversa? Vedrete che proprio quella maniera diversa sarà potenzialmente quella che acchiapperà il lettore e gli rivelerà qualcosa di più su di voi.
Chiudiamo qui perché una parola è poca e due sono troppe.
E comunque l’importante è bere tanta acqua!
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